La moneta nel Medioevo

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II bimetallismo

Il bimetallismo comportò la nascita di una serie di problemi, primo fra tutti l'equivalenza tra i due metalli, non si riusciva infatti a stabilire un giusto rapporto tra le diverse monete; ad esempio il fiorino equivaleva alla lira d'argento, mentre a Venezia il ducato valeva due lire e otto soldi veneziani. Tali rapporti non erano, in ogni modo, garantiti poiché il valore, come merce, dei due metalli poteva subire delle variazioni in base all'andamento della domanda e dell'offerta. Il desiderio di trovare una soluzione, anche provvisoria, a questa condizione di instabilità del cambio, portò alcuni mercanti a creare da soli, i corsi delle monete sfuggendo alla politica dello Stato; ciò determinò nuove emissioni e nuovi corsi nei piccoli staterelli. Anche i sovrani, dal canto loro, cercarono di porre soluzione a tale problema, ponendosi a tutela, soprattutto, di coloro che si occuppavano di commercio; stabilirono periodicamente dei saggi delle monete in circolazione (pubblicate per mezzo di bandi, guide e manuali in Italia e all'estero), con un prezzo di ragguaglio alla moneta allora corrente nello Stato. Nonostante i diversi provvedimenti e controlli, era frequente la falsificazione delle monete svolta spesso dagli stessi signori, che quindi rimanevano impuniti. In molti casi addirittura, si arrivò a proibire la circolazione di monete straniere o a stabilire delle convenzioni per la reciproca circolazione di monete a determinati corsi.

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