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La bicicletta di Leonardo

Il treno di Non ci resta che piangere è davvero una sorpresa troppo grossa, perfino in compagnia di due allampanati "viaggiatori del tempo" come Massimo Troisi e Roberto Benigni. Eppure quel genio di Leonardo aveva già intuito un mezzo di locomozione persino più moderno del treno: la bicicletta, con tanto di pedivelle e trasmissione a catena.La bicicletta di Leonardo

E' negli anni sessanta, quando viene restaurato il Codice Atlantico, che la bicicletta di Leonardo rivede la luce. La scoperta del disegno venne resa pubblica negli anni settanta da Augusto Marinoni (The Unknown Leonardo, McGraw-Hill, 1974) e da allora la paternità vinciana della bicicletta è stata oggetto di incredulità e confutazioni, mai però suffragate da argomenti concreti. Una delle armi dei sostenitori del "falso" era l'eccessivo anticipo con cui Leonardo avrebbe concepito la bicicletta: sembrava incredibile che un mezzo di trasporto messo a punto nel 1874 (anno in cui Lawson ne realizzò una con trasmissione a catena) fosse stato già definito nelle sue linee essenziali prima del 1492. Del resto, la tesi di una manipolazione dei documenti originali fa acqua: è quasi impensabile che qualcuno abbia potuto scollare alcuni fogli del Codice Atlantico e disegnarci sopra! Inoltre - sottolinea Marinoni - un'eventuale falsificazione riprodurrebbe una bicicletta funzionante e non quella priva di sterzo e impossibile da pedalare del disegno.(Marinoni A., La bicicletta di Leonardo, http:/www.nemo.it/).

Del resto Leonardo ebbe diverse intuizioni meccaniche non pienamente sviluppate ma assolutamente lungimiranti: fra i codici Madrid 1 e Atlantico, descrisse ventuno dei ventidue elementi di macchine codificati nella seconda metà dell'Ottocento. Proprio nel foglio 10 del Codice Madrid 1 si ritrova un altro indizio prezioso per la nostra storia: la catena e la ruota dentata che vi compaiono sono assolutamente simili a quelle raffigurate nel famoso disegno. Tra l'altro i disegni del Madrid 1 risalgono al 1493, proprio quando il presunto "copiatore" Salai aveva 12-13 anni.

Nel 1961 - prima del restauro - Carlo Pedretti, lavorando a un'edizione critica del Codice Atlantico, esaminò il foglio 133 in controluce e vi scorse alcuni cerchi che lo fecero pensare a esercizi geometrici e non certo ai "cerchioni" di una bicicletta ante litteram. Il che conferma la preesistenza del disegno a qualsiasi intervento sul Codice e ne prova implicitamente l'autenticità, di cui ormai sono convinti un po' tutti, visto che dal Museo della bicicletta su Internet (http://www.biknet.com.tw:80/biknet/e-m-home.htm) al Vocabolario della lingua italiana della Treccani, le recenti serie di immagini storiche sulle "due ruote" cominciano con il "prototipo" del Codice Atlantico.

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